Scritto da: admin il: agosto - 11 - 2016 Commenti disabilitati

Per Insaziabili Letture

LO HOBBIT – LA BATTAGLIA DELLE 5 ARMATE (2014)

Infine cala il sipario su questa epica avventura, lasciandoci alle spalle gli infiniti paesaggi della Terra di Mezzo, che han fatto da sfondo silenzioso a innumerevoli avventure. Citando uno dei miei personaggi preferiti “Non vi dirò non piangete… perché non tutte le lacrime sono un male!” (Gandalf da Il Ritorno del Re)

Capitolo conclusivo della seconda trilogia cinematografica del regista Peter Jackson, tratta dall’immortale capolavoro di J.R.R.Tolkien lo Hobbit del 1937.

Fuggito da Erebor, il Drago Smaug cerca la sua vendetta distruggendo il paese di Pontelagolungo. Il valoroso Bard, però, riesce a fuggire dalla prigione durante il rogo mortale che sta distruggendo la città e grazie all’ultima freccia nera riuscirà a metter fine al terrore del mostro. Divenuto così leader del popolo, condurrà i superstiti verso Erebor aspettandosi accoglienza, ma un’amara sorpresa l’attende. Il cuore di Thorin Scudodiquercia è stato avvelenato dalla maledizione dell’oro che già aveva corroso suo nonno, portandolo a una brama ossessiva di ritrovare l’Arkengemma che gli farà dubitare persino dei suoi guerrieri. Intanto i nani rimasti tra i sopravvissuti di Pontelagolungo decidono di raggiungere subito i compagni a Erebor. Kìli, prima di andarsene, dichiara il suo amore a Tauriel. L’Elfa, assieme a Legolas, si recherà verso Gundabad sulle tracce dell’orco Bolg, dopo aver appreso che il re Thranduil l’ha bandita. A Dol Guldur, in aiuto di Gandalf prigioniero, accorrono Lady Galadriel, Re Elrond e Saruman. Il Bianco Consiglio combatte contro i Nazgul, quando però si palesa lo spettro di Saruman, Galadriel sarà costretta a ricorrere alla forza della stella di Earendil per sconfiggerlo. Radagast, sopraggiunto col suo cocchio di conigli, porterà via Gandalf, mentre gli altri, preoccupati per il ritorno dell’oscuro nemico, vengono rassicurati dallo stregone bianco Saruman, il quale afferma che senza l’anello del potere il malvagio terrore non potrà mai più prendere corpo. I sopravvissuti di Pontelagolungo, dopo il rifiuto di Thorin, si accampano nelle vicine rovine della città di Dale, dove ben presto sopraggiunge Re Thranduil con un esercito di elfi, pronto a conquistare la montagna solitaria. Gandalf, arrivato anch’esso a Dale, tenta di dissuadere il Re degli Elfi e Bard dai loro propositi bellicosi, ma sarà Bilbo a cambiare le cose. L’hobbit, infatti, che si era impadronito dell’Arkengemma nello scontro col drago, notando la pazzia che aveva cominciato a divorare Thorin si era ben visto dal consegnargliela; una volta sgattaiolato fuori da Erebor, offrirà la pietra all’esercito di Elfi e Uomini come merce di scambio con una parte del tesoro della montagna. Spiegati gli eserciti di fronte alle improvvisate difese dei nani, quando Bard mostra a Thorin l’Arkengemma, il Re dei Nani, infuriato con Bilbo, si rifiuta di tornare sui suoi passi. All’improvviso dalle colline appare un esercito di nani guidato da Dàin Piediferro, chiamato dal cugino Thorin tramite un corvo. Lo scontro sembra ormai inevitabile, quando sul campo piombano intere legioni di orchi guidate a distanza da Azog, il profanatore. Una sanguinosa battaglia si scatenerà nella piana, estendendosi alla città di Dale dove donne e bambini si sono rifugiati. Nel frattempo Legolas e Tauriel scoprono a Gundabad un secondo esercito di Orchi guidato da Bolg, pronto a piombare sul campo e distruggere tutto ciò che rimane di elfi, uomini e nani. La fine sembra ormai inevitabile.

Parlare di questo prodotto è molto difficile, come qualsiasi altro lavoro tratto dalle opere di Tolkien. Analizzando solamente l’aspetto cinematografico è un film emozionante, avvincente e ricco, di una scorrevolezza unica che solo la mano di Jackson riesce a dare. Difficile fare un film di quasi tre ore mantenendo l’attenzione viva ad ogni secondo della pellicola, senza annoiare lo spettatore.

L’interiorità dei personaggi è, a mio parere, il vero motore trainante del film e dei due precedenti. La crescita dei protagonisti, nel bene o nel male, ci accompagna sin dal primo capitolo e le relative evoluzioni, o involuzioni nel caso di Thorin, conferiscono un pathos molto più profondo a confronto dell’altra trilogia. C’è anche da dire che i personaggi de Il Signore degli Anelli riescono a trasmettere la loro interiorità attraverso le azioni, risultando più immediati e per questo più fruibili. Forse in questa chiave di lettura risiede proprio la differente valenza tra i film tratti da Il Signore degli Anelli, che sono senza dubbio migliori al confronto, e questa trilogia, pur ambientandosi nello stesso mondo fantastico e avendo collegamenti e figure in comune. Importante anche il fatto che, a differenza dell’opera “anello” ben divisa dall’autore in tre libri, lo Hobbit ha subito una arbitraria divisione in sede di adattamento alla sceneggiatura; lo stesso Jackson all’inizio aveva annunciato la ripartizione del libro di Tolkien in sole due pellicole, mentre poi è stato costretto ad arrivare a tre.

Inutile soffermarsi sulle innumerevoli differenze col libro. Tolkien ha creato un universo costellato di infinitesime parti, che si è prodigato a descrivere minuziosamente in ogni dettaglio. Per restare fedeli si sarebbero dovuti fare forse quattro film di tre ore l’uno, quindi cerchiamo di chiudere un occhio, perché alla fine se la sceneggiatura ci toglie alcune immagini, come Gandalf e Bilbo di nuovo ospitati da Beorn il Mutaforma sulla via del ritorno, ce ne regala altre, come lo scontro del Bianco Consiglio coi Nazgul per liberare lo stregone grigio, che invece nel libro è solo narrata velocemente da Gandalf.

Ok, Tauriel è un personaggio totalmente inventato per il film e non c’entra niente né col libro, né con come sono gli elfi. Ok, non è Radagast a chiamare le aquile nella battaglia finale, ma Jackson ha voluto metter questa cosa perché nel film La Compagnia dell’Anello le fa chiamare da Gandalf quando si libera da Isengard, e non da Radagast che, appunto, è uno degli esclusi della trilogia dell’anello. Ok, Beorn viene quasi snobbato dalla battaglia finale mentre invece nel romanzo ne è protagonista. Ok, mancano tutte le bellissime scene del libro dei funerali di Thorin, Fìli e Kìli, nonché l’incoronazione di Dàrin Piediferro come Re di Erebor, e soprattutto di Bard come Re della città di Dale… Ok, avete ragione, perché francamente, specie le scene di funerale/incoronazione avrebbero dato più un senso di epica conclusione a tutta la storia, mentre invece bim bum bam: finito. Anche perché, diciamocelo: manca roba. Prima fra tutte: che fine ha fatto l’Arkengemma?!

Tutti tranquilli, ho solo due parole: extended version! Eh, sì, cari miei. Non avrete mica pensato che la chiudessimo così? La versione estesa di questa pellicola si preannuncia davvero ricchissima. Volgare operazione commerciale? Un po’ sì, ma vi dirò: la versione estesa di Le Due Torri io l’avrò vista una ventina di volte e la riguarderei anche subito, senza mai stancarmi.

Concludendo: che lo si ami, lo si odi o lo si critichi, alla fine resta un gran bel film e una gran bella trilogia. Lo so che lo zoccolo duro dei Tolkieniani non sarà d’accordo, ma spesso occorre fare un passo indietro sulle nostre convinzioni per poter veramente giudicare un prodotto oggettivamente.

Resta la malinconia di un mondo fantastico che non ci regalerà ulteriori avventure.
Il lungo viaggio ormai si è concluso e vivrà solo nei nostri ricordi, alimentato dalle immagini di queste pellicole che meritano il loro giusto posto nella storia cinematografica.

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